IO, IL DOLORE ED I MEDIATORI ARTISTICI (una riflessione
sulla disabilità temporanea e sul dolore)
“E’ bello poter leggere racconti scritti nei corpi altrui,
nelle anime, nei cuori di chi cammina a fianco a noi nella vita, per scelta o
per caso, per incontri fugaci ai crocicchi delle strade, sulle strisce
pedonali, negli autobus di città. Oppure seduti
davanti a noi, mentre raccontano la loro versione della storia”. Noi operatori di aiuto (medici, psicologi, counsellor…) non
possiamo fare altro che ascoltare ed immaginare… comunque è sempre interessante
incamminarci nei sentieri dei mondi
diversi di ognuno di noi. Raccontare e raccontarsi è un percorso che va da fuori a
dentro di noi, che porta alla conoscenza di strade ed orizzonti altri. Lo spunto per questa riflessione viene dalla risposta che ho
dato ad un post pubblicato su un social nework, ad uno psicologo, che proponeva
un wokshop sul lavoro con il corpo, interessante per me in questo momento
specifico della mia vita, ma a cui comunque non avrei potuto partecipare. La Gestalt non mette mai in secondo piano il lavoro con il
corpo, che è il contenitore dentro cui si rivela l’ anima. Proprio dagli atteggiamenti , dai movimenti e
dalle reazioni del corpo alle emozioni scaturisce un linguaggio, una “lingua”
direi, specifica ed unica per ognuno di noi. Per contro, le emozioni possono scaturire da alterazioni
corporee, come reazione a situazioni di malfunzionamento fisico, come causa di una patologia tra i cui sintomi ci
sono dolore somatico ed impotenza funzionale. L a paura e la rabbia, ecco le emozioni che maggiormente
sono riscontrabili in situazioni del genere,
l’ impotenza nella loro gestione e nella gestione del corpo direttamente
coinvolto nella situazione dolorosa. E’ proprio in questo momento, quando l’ impotenza funzionale
puramente fisica e quella dell’ anima si incontrano, si aprono le porte ad
emozioni come rabbia e paura; la rabbia per un incidente occorso, caduto improvvisamente
sulla quotidianità, che sovverte le aspettative ed i piani già avviati, sulle
nostre azioni che diventano limitate e subordinate all’ aiuto degli altri, disponibili
a portarne il peso. La paura invece è per il futuro, per la lunghezza del periodi di disabilità e
per la sua possibile permanenza. Ecco allora che si modifica il fraseggio fisico, l’ alfabeto
del corpo cambia, si delineano chiaramente messaggi del corpo stesso, che nel
dolore vuole inviare all’ esterno, in quella che ha tutte le caratteristiche di
una richiesta di aiuto. Il volto cambia l’ espressione, si fa sofferente, il
corpo si chiude, quasi a proteggere con il residuo delle energie possedute, ciò
che resta delle emozioni e delle sensazioni positive. Ci si chiude come un riccio e le spine esterne, espresse con
l’ aggressività, il pianto ed il lamento, l’ espressione verbale del dolore
percepito, diventano una richiesta fatta a voce alta, una sorta di pretesa, che
tutti quelli che sono altro da noi, ci forniscano aiuto, in ascolto e con i
farmaci per la risoluzione anche solo temporanea del dolore, recando un
sollievo, un respiro, una sorta di interruzione della catena del dolore. Io da
medico al momento infortunata, sono entrata in
“simpatia” nel significato di
confluenza, e non “empatia” con i pazienti, anche loro nella spirale del
dolore: come loro, in questo momento sento che il “mio” dolore è grande, più grande rispetto ad altri; oggi sento in me l’ egoismo, che è
tipico dei pazienti con sintomatologia dolorosa, e vorrei che “a me per prima”
venga tolto o anche solo alleviato con la presenza di una mano calda ed amica,
che prendendo la mia mi dicesse : “Eccomi, sono qui per te. Come posso aiutarti?”. Talvolta, nonostante tutto ciò che la medicina ufficiale può
proporre in termini di molecole, più o meno avanzate, per la risoluzione,
temporanea o definitiva della sintomatologia, un mediatore artistico può
sostenere il disagio del dolore, rendendolo più tollerabile, innescando così l’
inizio di un percorso corporeo virtuoso
che porta al sollievo prima ed alla guarigione poi. Per quanto riguarda me, sono stati fondamentali due mediatori che hanno accompagnato momento
per momento, la mia dis-abilità, fortunatamente temporanea, che però ha portato
in me uno scontro emotivo ed una sua scarsa accettazione, e sono stati la
scrittura di un diario emozionale giornaliero e l’ ascolto consapevole della
musica. Entrambi hanno determinato l’
elaborazione del sintomo-dolore e ne hanno reso tollerabile la presenza
rendendolo cosciente e consapevolizzando me, che il percorso attraverso questo
sintomo è possibile, anche se sgradevole, osservandolo fenomenologicamente,
analizzandolo ed accogliendo nel contempo le sensazioni e le percezioni che
suscita. Il suggerimento “Accogli…osserva…lascia andare” è stato il mantra fondamentale nei momenti peggiori. Per questo
non finirò mai di ringraziare Leo e
Francesca.
Maria Pascucci
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